mercoledì 19 settembre 2007

Brutte abitudini

E' strano come la mente di ognuno di noi, chi più chi meno, si crei degli schemi fissi ai quali attenersi sempre. A volte maniacalmente.
Me ne sono accorta l'altro giorno, quando, ero dal mio benzinaio di fiducia. Vado lì una volta alla settimana, mi fermo sempre alla stessa pompa di benzina, la prima a destra, lo saluto con le stesse parole (bisogna dire che anche lui mi risponde sempre con le stesse ovvero "ciau bela fija"). Ieri vado a fare benzina, lo schema e l'ora sono sempre quelle, e il suddetto benzinaio fa direttamente che spiegarmi come "strisciare" la mia carta bancomat, digitare l'importo, strappare il foglietto che esce dal POS, infilzare la sua copia e tenere la mia!
Da quel momento ho iniziato a pensare che il mio spirito profondamente abitudinario stesse prendendo una brutta piega.
Vado sempre dallo stesso parrucchiere cambiando raramente pettinatura. Il parrucchiere, Luca, è più abitudinario di me. Quando gli propongo cose nuove, me le boccia tutte, cercando di conservare il look originale. Compro i vestiti quasi sempre negli stessi due o tre negozi. Le scarpe sempre nello stesso. Ogni tanto, quando mi prendo una sbandata per un altro, vengo severamente punita da dolori lancinanti ai miei pieduzzi delicatissimi e torno da Lui, anche detto "Il Francese" con la coda tra le gambe. La mia giornata è scandita tutti i giorni, almeno quelli lavorativi, da azioni infilate nella stessa sequenza come pezzi di carne in uno spiedino: pollo, salsiccia, manzo, peperone, wurstel, pancetta e poi di nuovo da capo fino ad esaurire gli ingredienti. La tentazione di cambiare qualcosa c'è, ma le abitudini sono come la coperta di Linus o peggio. Ti fanno sentire sempre a casa. Sai già cosa aspettarti e come. Nessuna incognita. Perché se l'abitudine è già collaudata, non c'è ristorante in cui si possa mangiare male, gusto di gelato/pizza che possa non piacere. Mi sto un po' fossilizzando sulle mie posizioni, lo so. Ma cosa volete, anche questa è un'abitudine.

venerdì 14 settembre 2007

Strane investigazioni


Chiacchierando amabilmente con i miei collegi in una pausa pranzo come tante altre, è vento fuori un discorso apparentemente innocuo che ha però cambiato il mio modo di comportarmi e di vivere il mio rapporto con il "resto del mondo". In pratica, tra maccheroni riscaldati e la sagra della mozzarella e pomodoro (un must delle nostre pause pranzo), viene fuori che tempo addietro una conoscente era stata pedinata e seguita da un investigatore privato, assoldato da chi? Noi tutti immaginiamo mariti gelosi, mogli in procinto di divorzio. E invece no. Ad organizzare tutta la cosa, il capo di lei. Che ne voleva studiare i movimenti e le frequentazioni.
Nella mia mente si sono formulati pensieri tutt'altro che banali. Se infatti una persona normale, si sarebbe immedesimata nella situazione, temendo per tutto ciò che aveva da nascondere, amicizie, incontri ecc...., il mio cervello si stava concentrando su ben altre congetture.
Un investigatore che mi segue e controlla tutto quello che faccio??? Chissà che idea si potrebbe fare di me! Sicuramente penserebbe che sono sfigatissima. E ho iniziato a pensare a tutte quelle scenette del mio quotidiano che agli estranei passano inosservate, ma di cui mi vergogno profondamente.
Quando saluto con calore i miei vicini di casa e loro guardandomi attentamente non mi rispondo e continuano a fare quello che stavano facendo (quattro anni che vivo qui...ma non mi hanno mai notato???). Quando porto in casa le borse della spesa, per un peso complessivo di quindici chili, mi avvicino al cancello di casa, cerco le chiavi, mi cade la borsetta e mi si incastrano le chiavi dappertutto. Quando vado in giro dopo essermi lavata i denti col braccio pieno di dentifricio (ma come è finito proprio lì? eppure giorno dopo giorno me lo ritrovo...). Quando esco di casa in ciabatte e poi torno indietro a mettere le scarpe.
Insomma caro investigatore, per qualunque motivo tu mi stia seguendo, io sono disposta a pagarti il doppio! Parliamone..

lunedì 10 settembre 2007

Questione di benessere


Ormai non si fa che parlarne. Sembra che ognuno ripeta la stessa cantilena. Eppure una volta capitava solo in un periodo dell'anno: prima delle vacanze e prima soprattutto della prova costume. Ormai invece fitness e benessere sono la parola d'ordine di ogni trasmissione che si rispetti. Gli Omega3 sono diventati i nostri compagni di vita, il nutrizionismo la nuova disciplina teoretica di ognuno di noi. Pullulano le diete, gli integratori.
Ma a dire il vero, nonostante un sano scetticismo, la filosofia del wellness non è affatto male.
Partiamo dal presupposto che sono sempre stata una anti sportiva e una buona forchetta. Mi sono inventata ogni sorta di scusa per non fare attività fisiche, specie in ambito scolastico. Io e il muro della palestra eravamo dello stesso colore. E quando si usciva all'aperto sapevo anche lì come mimetizzarmi. Fare la corsa campestre era per me fonte di crucci e ansia. E finivo irrimediabilmente con una crisi respiratoria. Eppure a distanza di anni, eccomi qui a sostenere princìpi agli esatti antipodi di questa tendenza. Non amo la dieta e non amo gli sport al chiuso. Quindi niente palestra, al massimo la piscina.
Eppure quando le ossa iniziano a scricchiolarti, il mal di schiena non ti lascia più e il tono muscolare è un ricordo sbiadito color seppia, nasce in ognuno di noi quel sano desiderio che si articola nelle poche parole "Devo fare qualcosa". Ma il vero problema è farlo in modo continuativo. Sapendo che la mia forza di volontà è pressoché inesistente, specie se penso ad uscire dall'ufficio, fare un'ora di traffico per mettermi poi magari al freddo e al buio a fare sport. Ho capito che l'unica soluzione vincente è armarsi di una buona amica, con la quale farsi forza a vicenda. Ho iniziato con vari esperimenti di aerobica, le amiche si erano moltiplicate come funghi, e si chiacchierava talmente che la maestra ci chiamava spesso in prima fila per farci star zitte. Dopo un po' i nostri incontri si sono spostati direttamente al bar. Ci si trovava davanti alla palestra e si decideva a quale bar gozzovigliare, in base alle dosi degli happy hour.
Chiuso questo vergognoso capitolo, sono rimasta mesi inattiva. Tra muschio e licheni, ho deciso che dovevo ripartire con un nuovo spirito. Intanto scegliere una persona la cui forza di volontà non venisse traviata al solo sentire la parola Crodino/Martini, e poi scegliere luoghi e orari.
Dopo mesi di attività mi dichiaro oggi soddisfatta. Due volte alla settimana, le corse sotto i cosiddetti "Viali" di Pinerolo hanno dato i loro frutti. Perchè correre fa stare meglio. Dopo un po' sono entrata nell'ottica più generale del benessere, quindi anche del mangiare meglio. Ho cercato anche di abolire il mio rapporto simbiotico con la macchinetta del caffé in ufficio. Mangiare più frutta e verdura. Unico nemico. L'arrivo dell'inverno. Non so cosa aspettarmi. Entrerò in un letargo di fitness svegliandomi a primavera in un cumulo di ghiande e con l'artrite?

giovedì 6 settembre 2007

Scelte importanti

Messi ormai irrevocabilmente nei binari dei maledetti buoni propositi, che tanto non applicheremo mai realmente alla nostra vita e ci fanno convivere con un branco di pelosi sensi di colpa, cerchiamo di ottenere da ogni situazione il massimo possibile. Ora siamo più esigenti con noi stessi e con gli altri. Abbiamo più chiari i nostri obbiettivi ecc..ecc... Tutta questa peregrinazione dell'abc, passando per Kant e la critica alla Ragion Pura, facendo un salutino a Schopenhauer e la sua estetica, per parlare della scelta dei quadri. Si perché alle pareti bianche proprio non ci si può abituare. La casa è una brutta bestia in continua evoluzione.
Appena diventa nostra ci sembrano un miraggio bellissimo anche solo le lampadine che pendono direttamente dai fili della luce, abbiamo dato un nome ad ognuno degli scatoloni pieni di cose che non abbiamo voglia di mettere a posto, nell'ingresso non si passa più perché regna il mondo dell'imballaggio e dello spacchettamento.
Dopo qualche anno ci guardiamo intorno e iniziamo ad avanzare a noi stessi delle pretese. Ormai abbiamo imparato termini come plafoniera, applique (leggi appllìck alla barese), il mondo Ikea si è fatto avanti, sappiamo tutto sulle brugole. Sappiamo che possiamo fidarci sempre perché gira e rigira nel pacco c'è sempre tutto, non manca mai nulla nè nulla è mai in eccesso. Questa perfezione un po' ci rende ammirati, ma un po' ci da fastidio. Possibile che non riusciamo mai a coglierli in fallo?
Dopo tanti anni di completo feeling con il mondo Ikea, imparato termini svedesi, parliamo usando parole in italiano pazzesche ma che evocano immediatamente immagini piacevoli. Ektorp? Il mio divano! Lo adoro. Norrebo? Il mobile portatutto e separatutto a casa di mio fratello! Conosco il catalogo a memoria, anche quello nuovo.
Ora però mi trovo a dover fare una scelta importante. Dopo aver riempito come una zampogna casa mia di mobili di ogni genere e fattura. Di averli stipati come un pasticcere armato di sac a poche. Mi sono data un'occhiata tutt'intorno e ho notato che di quadri neanche l'ombra. Immediatamente mi sono infilata da capo a piedi dentro indernèt (sempre alla barese) alla ricerca di idee. Alternative. Gira e rigira, sono giunta ad una inesorabile conclusione. I quadri costano. Tanto anche. Specialmente i quadri stampati su tela. Quindi la domanda è la seguente: girare per mari e monti alla ricerca di qualcosa di pazzescamente originale e altrettanto costoso o rifugiarmi tra le braccia rassicuranti della mia amica Ikea?