martedì 18 dicembre 2007

Questione di tempismo

Ci sono dei momenti in cui capisco di mancare completamente di tempismo. Nella vita spesso mi è capitato di pensare che il tempismo sia tutto. Ultimamente, quando una macchina mi è venuta addosso perchè priva di guidatore e senza freno a mano inserito, ho capito che se fossi passata un attimo prima o uno dopo, non avrei dovuto aggredire verbalmente l'autista latitante che era andata un attimo in macelleria proprio lì di fronte. Tempismo dicevamo.
Raccolti al chiuso della nostra casa, al limite del comfort di ogni genere, comfort che spesso diamo per scontati, come la luce, l'acqua corrente e per di più calda, elettrodomestici vari e lui, il nostro amato impianto di riscaldamento. Lanciata la caldaia al massimo delle sue potenzialità, la sentiamo ruggire tra una fiammata e l'altra. Piacevole effetto collaterale dei nostri termosifoni calienti e il clima semitropicale che domina le quattro mura domestiche. Ci aggiriamo semi nudi per casa, quasi come aborigeni vestiti da un appena accennato gonnellino in pelle di caimano. Tendiamo ad ignorare, volutamente o no, le condizioni effettive che si prospettano ad un metro da noi, separate da un muro o poco più. Questa mattina, quindi, pantaloncini corti e maglia di lana super fine. Tanto c'è il riscaldamento, no? Il primo impatto con l'esterno non è stato rassicurante. Meno 5 gradi in effetti, non passano inosservati, specie quando i nostri menischi e rotule confinano col gelo separati da un sottile strato di nylon color castoro. Entro in macchina, metto l'aria calda in posizione "ovunque", per assicurarmi il massimo del caldo, tanto che addirittura diventa un po' fastidioso. Arrivo in ufficio, apro il carraio, parcheggio. Il termometro della macchina in modo poco rassicurante annuncia: meno 5.5. Siberia stiamo arrivando. Massì, penso tra me e me, tanto adesso mi metto in ufficio e non esco più per le prossime 9 ore. Apro la porta che separa il freddo dal caldo, entro, nessuna differenza. Il riscaldamento si è rotto...Io e i miei pantaloncini entriamo di pessimo umore.

martedì 11 dicembre 2007

Viaggi di Natale

Il bello dei ricordi è il modo in cui emergono, a volte, in maniera del tutto inaspettata. Un suono, un profumo bastano a riportare alla memoria qualcosa di ormai morto e sepolto. O quanto meno ben rimboccato, infilato come un ultimo libro sotto una montagna di altri volumi venuti dopo, letti e riletti di recente. Ma tirandolo fuori a fatica, per non far cadere tutti gli altri, quel libro sepolto ci regala le stesse meravigliose sensazioni della prima lettura.
Ieri sera, sciopero dei trasportatori. Mille probabili disagi in un rientro a casa di 50 km tra tangenziale e autostrada. Immagini di me stritolata tra due tir a mò di salame in un sandwich ben guarnito. Decido di fare allora la vecchia strada statale lunga come la quaresima e noiosa come una lezione di latino. Passo dai soliti campi di granoturco, uno via l'altro, anche al buio li riconosco. Attraverso i ponti. Passo gli incroci. Al calduccio dentro alla macchina, già mi si crea quel senso di torpore misto a sonno. Entrando e uscendo dall'ennesimo paesino, mi accorgo che il Natale avanza e impera. Tra le gelide e anonime corsie dell'autostrada certo non potevo accorgermene, ma nella bassa pianura piemontese, il Natale regna indisturbato. Alberi che rilucono al buio, addobbi tra il kitch e il nostalgico abbelliscono i balconi delle case basse e larghe. E mi viene in mente dei viaggi di ritorno da bambina. Di quelli che mi parevano interminabili viaggi, seduta accanto a mio fratello sul sedile posteriore della nostra macchinona. Di quei viaggi di ritorno, da feste, parenti, pomeriggi con gli amici. Di quando tornavamo a casa, stanchi ma soddisfatti e guardavamo seduti nel buio fuori dei finestrini. Allora per distrarci li contavamo. Contavamo gli abeti colorati in mezzo ai giardini delle case. Io ne ho visto uno! Anche io lì! E avanti così tutto il viaggio. A volte ci stupivamo che così presto nella stagione già ce ne fossero così tanti. Altre volte neanche ci pensavamo. Stavamo lì attaccati al vetro umido e freddo della macchina, appannato dal nostro fiato a guardare quelle luci colorate. Quelle che ora sembrano a qualcuno un'espressione di consumismo priva di significato, agli occhi di bimbi e ancora ai miei di adulta sembravano piccole magie sorte dal nulla.