mercoledì 4 febbraio 2009

Consumismo e dintorni

Osservando il mio comportamento e quello dei miei simili ho studiato il nostro rapporto con il consumismo. Passiamo la maggior parte del nostro tempo a pensare a cosa compreremo. Quasi in un estasi ossessiva.
La macchina fotografica (anzi..fotocamera), il navigatore satellitare, la tv al plasma, per non parlare del magnetico mondo dei vestiti.Insuperabile nel dare a noi donne quella vertigine mista smania incontrollabile. I nostri uomini ci guardano e vedono che siamo possedute. Ma non basta l'esorcista a placarci. Solo comprare, comprare comprare.
Se un qualche elettrodomestico non piace più, nonostante funzioni benissimo, noi cerchiamo di trovargli un difetto, una qualunque scusa, pur di cambiarlo. I cellulari diventano vecchi dopo due mesi, i computer già nel tragitto mediaworld - casa.

Nelle scorse vacanze estive, in modo del tutto inaspettato, mi sono imbattuta in un oggetto che mi ha fatto molto riflettere.
Devo anticipare che ho passato un paio di settimane nel trullo di mia nonna, giù in Puglia. Luogo incantato, dove il tempo sembra essersi fermato. La gente parla ancora della terra, degli animali. Il sole ha ancora quella luce intensa che abbaglia. Mentre qui al nord sembra sbiadito, appannato.
Nel trullo della nonna ci sono mille oggetti, ognuno dei quali potrebbe dare uno schiaffo forte alla nostra smania consumista. Dal frigorifero, che ha più di quarant'anni. Ogni tanto gli danno una mano di calce, lo attaccano alla spina e lui riprende esattamente da dove aveva lasciato. Magari due, tre anni prima. Le pentole che di teflon e antiaderenza non pare abbiano mai sentito parlare.
Un vero pezzo da novanta è l'armadio della camera da letto, divorato dalle tarme, ma che miracolosamente sta ancora in piedi. Dentro all'armadio una vecchia carta ricopre i cassetti e i ripiani.Sopra in alto una sbarra che ospita delle grucce.
Disfando le valige, appendo i miei vestiti. Prendo una di queste grucce, in legno. E' tanto fine che sembra volersi disfare nelle mie mani. Guardo meglio e leggo una scritta. In inglese. Viene dal New Jersey, Stati Uniti, come mia nonna, che è tornata in Italia insieme alla gruccia quando era bambina. Quella gruccia ha più di sett'antanni. E mi sbatte in faccia tutto quello che ho buttato perché era vecchio o non mi piaceva più.






martedì 2 settembre 2008

Giro di boa

Arrivati a settembre mi sento sì ricaricata dalle lunghe vacanze estive, ma mi subentra un po' quella sensazione di intolleranza. Una volta toccata da vicino la vera libertà delle ferie, e parlo di libertà da: impegni, orari, appuntamenti, squilli di telefono e telefonini. Ecco una volta sentito il vento tra i capelli e aver a lungo nitrito, tornando alla vita di sempre mi sento un po' più intollerante. Un po' come quando si gira in infradito e scarpe da ginnastica e poi una sera bisogna rimettere lo zampone in una scarpetta stile cenerentola con la punta e il tacco mucho alto. Insomma, lo faccio ma non ne ho tutta questa voglia. Quindi vorrei dire basta ad alcune cose, sperando mi faccia sentire un po' meglio:
- basta a chi si piange addosso: avete proprio rotto. Non esistete solo voi, non esistono solo i vostri problemi e soprattutto non siete il centro del mondo!
- basta a chi usa gli abbaglianti in autostrada come un ariete contro il ponte levatoio di un castello assediato. Quando ho voglia mi sposto, fino a prova contraria se sei dietro di me vuol dire che sei arrivato dopo..
- basta ai telegiornali e la storia del caro prezzi. Prima di tutto creano un'ansia smodata. Tanto che la mattina sento che ci saranno aumenti su tutto (parole d'ordine: pane, pasta e petrolio), e penso: ma alla fine perché andare a lavorare se alla fine si pigliano tutto i petrolieri? Me ne sto a casa e penso al buio a come risparmiare.
- basta ai saldi. Hanno rotto. Non è possibile andare nei negozi e trovare la roba dell'ante euro. Io voglio comprare della roba che non sia solo XS o XXL, color vomito o peggio. Ma nemmeno comprarmi il cappotto..
Basta ai basta, probabilmente qualcuno sul suo blog sta parlando di una persona come me a cui dire basta...
(PS: basta agli spam, non ho il pene e non lo voglio "enlargiare", non gioco al casinò, non compro programmi tarocchi, non ho un conto in 10 banche che hanno problemi a scrivere in italiano che il mio conto corrente sta per essere chiuso) Mi sento meglio. Grazie

venerdì 27 giugno 2008

Fresh & Clean - Freschi e Puliti

Ci sono alcuni oggetti che scatenano dei ricordi, a volte basta anche un profumo o una sensazione per scatenarne uno.
Oggi andando nel bagno del nostro ufficio, qui al piano basso, ho notato un oggetto. Messo lì nel mobiletto dove noi donne teniamo gli oggetti per la sopravvivenza e quindi: spazzolino, dentifricio, salviette intime, pettini e tutto quello che può passare per le nostre menti malate. Ma non essendo un ufficio di sole donne, da oggi ha fatto l'apparizione una new entry a ben vedere molto poco femminile. Se le nostre salviette sono molto piccole, rosa, si chiamano CHILLY o nomi del genere, eccolo lì a troneggiare il tubone cilindrico azzurro scuro delle maxi salviette della Fresh & Clean. Un must assoluto delle vacanze della mia famiglia. Una vera manna nelle soste in autogrill, quando da bambini mia madre lo usava per pulire i nostri vari orifizi e le nostre manine appiccicose. Magari rosse dalle ore passate a menarci (io e mio fratello) sul sedile di dietro della nostra famigliare. Il profumo di quelle salviette è indimenticabile. Con la porta chiusa alle mie spalle, nel nostro bagnetto cieco (sì perché adesso vanno di moda i bagni ciechi con ventole che non funzionano!) ho preso in mano il maxi tubo, aperto il piccolo tappo, che nelle confezioni più piccole si rompeva immancabilmente, e ho respirato quel profumo che, sempre identico, mi ha riportato indietro alle estati di molti molti anni fa.




mercoledì 25 giugno 2008

Comunicazione virtuale?

Ormai comunichiamo quasi solo più in modo virtuale. Dall'invenzione del telefono in avanti ad esempio. Le lettere si sono perse un po' per strada, quelle righe un po' storte sulle quali fare bella mostra della propria bella o brutta grafia. Andare in cartoleria a scegliere una carta da lettere bella, magari profumata.
Ora ci sono i fax e ancor meglio le mail. Ma ormai anche questi sono superati: da Messenger. Vera droga dei nostri anni, senza la quale ci sentiremmo persi, isolati, abbandonati. Mezzo ideale per combinare serate, raccontarsi le cose, chiedere consigli. Per sfogarsi, confidarsi. Poi il mondo di Facebook, nel quale tutti si conoscono, si ritrovano, chiacchierano, ritrovi i vecchi compagni di scuola, crei gruppi, ti associ ad altri gruppi. La tomba del tempo libero in pratica.
Questa grande voglia di comunicare sembra però non appartenere al mondo reale. Quello in cui siamo tutti chiusi nelle nostre auto, aggrappati al carrello del supermercato, attenti a prendere il nostro guantino, il nostro sacchettino, a metterci in ordine tutti in fila indiana. Contando che alla cassa meno dici pezzi, ci siamo attenuti a quella semplice regola. Quando qualcuno che non conosciamo ci rivolge la parola siamo colti sempre da una totale diffidenza. Squadriamo dall'alto in basso, credendo intimamente che questa persona ci stia per ipnotizzare, derubare, truffare.
Tutto questo semplice mondo, che di solito mi aspetta là fuori non appena esco dall'ufficio, si smaterializza quando vado in giro con mia mamma. Donna in grado di entrare di prepotenza all'interno della "sfera intima" di tutte le persone, facendoli passare dallo "stare sulle proprie" allo stadio "ridi, scherza, racconta la storia della tua vita" nel giro di poche battute. Quando giro con lei, per strada, alla fermata dell'autobus, in sala d'attesa dall'oculista, al supermercato, insomma ovunque, trova persone che alla fine non vedevano l'ora di essere "approcciate", che hanno voglia di chiacchierare, di raccontarsi. Con davanti la persona giusta sono in grado di raccontarti particolari di ogni genere sulla loro vita privata, figli, marito, animali domestici. Abitudini alimentari, gusti in fatto di abbigliamento. Insomma vedere la vita attraverso questo "varco dimensionale" fa vedere l'altro lato delle persone, quello che tengono nascosto.

venerdì 13 giugno 2008

Driiiiiiiin

E' stata una maratona. Non che sia finita. Anzi siamo alle strette finali. Non parlo di corsa, perché quella dura poco anche se la fatica è tanta. Qui invece si tratta proprio di maratona. Che quando credi che sia finita, che non ce la fai più, che ti stanno venendo i crampi, ecco leggi il cartello -25km alla fine. Mi sento un po' così.
Metafore a parte il trasloco è stato duro davvero. Pensavo che il momento più bello sarebbe stato aprire la porta di casa e dire "tutto questo ora è mio (=nostro)", invece con i ritmi incessanti che ci hanno spinto non mi è venuta questa frase. Ho aperto, visto il colore orrendo che avevano le pareti e ho pensato "tutto questo rosa porcello non diventerà mai più bianco..". Poi corri, pulisci, trasporta, sistema, pennella, scotcha, ripulisci, lava. Insomma ad un certo punto non ce la si faceva più. Bello si ma anche faticoso.
L'altro giorno dopo dieci (dico 10) giorni di attesa, finalmente arriva il momento delle piccole (grandi) soddisfazioni. Parcheggio in corso Bosio a Pinerolo e vado in una scuola di danza che fa anche targhe e coppe. Quale sia il nesso tra le due attività mi è tuttora ignoto. Ritiro le mie due targhette. E corro a casa. Le metto. Una per il citofono piccola, una più grande per la buca delle lettere. Ecco così posso finalmente chiamarla "casa".






mercoledì 28 maggio 2008

Vita di previsioni

Guardavo come ogni mattina il Tg5, quello che dura 10 minuti e viene mandato in loop costante, così da permettere alle persone che soffrono di risveglio rallentato la possibilità di capire ad ogni passaggio qualcosa di più. Inizialmente solo immagini senza suoni. Poi si intravedono dei titoli. Si ode in lontananza anche una voce. Dopo il caffé, si distinguono anche delle parole, RAPINATA-BANCA-UCCISO-MALVIVENTE-ARRESTATO-IL-CASSIERE. Poi via via scorrono le notizie.
In base alla mia assonnata osservazione ho potuto trarre alcune deduzioni. Specie riguardo che cosa interessa agli italiani prima di uscire di casa. Sì perchè dopo aver sentito le notizie, solitamente di cronaca nera, si parte con le previsioni. Intanto si prevede come aprirà la borsa, i cambi, il maledetto oro nero, le valute. Poi l'abbinata vincente. Meteo e oroscopo. Io vorrei sapere CHI esce di casa senza sapere in primis caldo/freddo pioggia/sole. In base a questo decido come vestirmi, che scarpe mettere. Ombrello sì. Ombrello no. Ultimamente, ombrello sì sì sì. Poi l'oroscopo. Primo segno, secondo segno, il terzo è il mio. Lo so già. Ascolto con non curanza: l'ariete (e penso a Sabri) poi il toro (e penso a Sara), intanto commento tra me e me se sono fortunate o no, se sono contenta o meno per loro. Poi finalmente il mio segno. Grande aspettativa. Scarsi risultati. La frase è breve, generica. Spesso inquadra bene la situazione, ma lascia la soluzione del problema completamente nelle mie mani. Suggerendo il più delle volte un atteggiamento "machiavellico", aggettivo che secondo me la cara Luisa de Giuli (astrologa) deve aver depositato, al fine di poterlo usare a piacere. Esasperando poveri esseri appena svegliatisi, sofferenti di bassa pressione, incapaci di ogni reazione. Ecco io ogni mattina subisco l'oroscopo della DeGiuli.
I poveretti della Bilancia (mamma ad esempio) stamattina si sono sentiti dire "Prendete molte informazioni prima di elaborare un programma più completo".
E quindi??? Eppure lo ascolto tutte le mattine. Scema io?

lunedì 28 aprile 2008

Strette di mano


Fosse per me le abolirei. Ormai stringersi la mano sa di atto formale, spesso privo di significato, ancora più spesso ha qualcosa di obbligatorio. Capita di imbattersi infatti in ogni sorta di mani, grandi e piccole. Calde o fredde. Asciutte o umide. Rugose o morbidissime. Si è ormai diffusa l'idea che la stretta di mano è lo specchio dell'anima o quasi. Simboleggia il carattere, lo spirito. Quanto più è molle tanto meno il carattere di chi stringe è sottomesso e privo di energia. Questo ha portato ad una vertiginosa crescita delle strette di mano vigorose. Sono dell'idea che spesso gli uomini per far colpo e dare una rapida idea della loro virilità, utilizzino la stretta di mano come biglietto da visita. Noi tendiamo ignare la nostra mano, diamo una stretta nella media, né molle né di ferro, ma ne riceviamo indietro una presa con le tenaglie che ci lascia senza fiato e con le dita dolenti.
Io, ripeto, proporrei di abolire la stretta di mano. Tra parenti e amici, due bei baci sono la cosa migliore, volendo riducibili anche solo a uno. Trasmette calore, c'è contatto fisico. Tra estranei la stretta di mano ha senso solo per siglare un accordo, un'intesa. Quindi larghe e profonde strette di mano agli incontri d'affari, quando si sigla magari un contratto. Ma basta con questo dilagare di strette gratuite. Tese per lo più ad accorciare delle distanze "umane" che comunque spesso permangono. E sopratutto cari uomini, andateci piano. Noi siamo fatte di burro.

lunedì 31 marzo 2008

Virtuosi del curriculum

Nella vita si , bisogna sapersi vendere. La nostra Anna ne sta facendo una professione. Insomma bisogna farsi pubblicità. Mi è capitato spesso di avere con amici e colleghi uno scambio d'idee sul come compilare il proprio curriculum. C'è chi è e vuole rimanere onesto fino al midollo e afferma che mai, neanche sotto tortura, potrebbe dichiarare il falso. Mai potrebbe attribuirsi di conoscere un po' meglio una lingua che in realtà ha dimenticato o non ha mai saputo, inserire attitudini, capacità o esperienze leggermente non rispondenti al vero.
C'è poi chi d'altro canto non ha alcun tipo di pudore. Dichiara smaccatamente il falso, sicuro di rimanere impunito in un'omertà dilagante, in virtù della quale nessuno chiede e nessuno dice più di quanto è richiesto.

In realtà la mia opinione è sempre stata quella di vendersi al meglio, quindi senza dire nulla di falso, far comprendere bene le proprie capacità, utilizzando spesso anche intere frasi per dire una benamata cippa di niente.
Nel lavoro che faccio mi capita spesso e volentieri di vedermi passare sotto mano dei curricula. Alcuni molto semplici, altri con tante esperienze. Ma solo alcuni di loro possono essere ritenuti vere opere d'arte. Quando finisco di leggerli, riprendo da capo e mi chiedo, ma di che lavoro stiamo parlando? Non riesco ad esimermi dal fare un esempio pratico. Ecco di seguito un breve elenco delle capacità e competenze acquisite da questo candidato:
- Capacità di lavorare in gruppo e di relazionarsi con la clientela
- Capacità relazionali e di adeguamento in ambiente multietnico
- Sviluppata propensione all’ascolto.
- Capacità di lavorare in situazioni di stress, legate soprattutto al rapporto con il pubblico
Tutto questo indovinate? Nel servire in un bar. Non ho parole, tanto di capello, vorrei conoscerti!
PS: ma Google è un programma?

mercoledì 26 marzo 2008

Rocciamaneud: ristorante con vista


E' da un po' che non mi sentivo di consigliare un ristorante. Ma devo dire che dopo l'esperienza in questo piccolo ristorantino mi si sono vivacizzate le papille gustative e la voglia di raccontare.
Innanzitutto devo chiarire che anche solo il posto meraviglioso in cui si trova offre un motivo più che sufficiente per andare anche solo a prendere un caffè. Il ristorante Rocciamaneud si affaccia con la sua grande vetrata sulla Valpellice, in uno spettacolo bello di giorno, ma imperdibile di sera. Nell'attesa che i piatti ordinati arrivino a tavola, il tempo vola guardando oltre il vetro tutte le luci che baluginano nella valle poco più in basso. Il menù è alla carta anche se ci sono delle formule per la degustazione e anche dei menù molto economici per i pranzi in settimana. Scorrendo tra i vari piatti si vede subito che chi li ha studiati non ha voluto rimanere nella banalità, proponendo piatti della tradizione piemontesi rivisitati (come gli gnocchi alla bagna caoda) o studiati per i vegetariani. L'ospitalità è ottima, come la cortesia. Oltre a quanto segnato in carta ci sono le proposte del giorno (come lo stufato d'asino). Io vi consiglio il poker di antipasti freddi, con delle acciughe al rosso che fanno girare la testa. I dolci sono anche strepitosi, dalla meringata alla pastiera napoletana. Prezzi contenuti, meglio prenotare. I posti sono davvero pochi, l'ambiente raccolto e famigliare. Devo tornarci, anche solo per assaggiare la merenda sinoira.


Ristorante Rocciamaneud Loc. Rocciamaneud, 206, Angrogna Tel 0121/944334 - 333/6203548 Chiuso mercoledì pranzo e cena e giovedì a pranzo

venerdì 21 marzo 2008

Bloggare in zona industriale

E' una vergogna aver trascurato così a lungo il mio blog. Lo so. Ne sono cosciente.
Quando qualcuno trascura il proprio blog non è mai per cattiveria nei suoi confronti. Lo immagina un po' come la fidanzata/o lontano a cui si pensa con tanto affetto, ma che proprio non si può raggiungere a causa dei tanti tanti chilometri che li separano. Così il blog tale e quale. Si pensa a lui. Lì che langue. Vorresti potergli dire tante cose, ma mancano il tempo e le occasioni.
Penso al mio blog ogni volta che passo davanti al casello di Vadò, che mi fa da anello di congiunzione tra la zona industriale e l'intricato mondo della viabilità torinese.
A fine giornata, stanca e con la mente semi lobotomizzata, mi capita spesso di infilarmi nella corsia Telepass e tirare fuori l'apricancello nell'inutile tentativo di farmi aprire da quello. La sbarra si apre comunque e io mi sento ogni volta un po' più scema. Sono momenti in cui, mi viene da dire, questo lo racconto sul blog.
Mi viene anche da pensarci quando vedo lo scempio che c'è qui, sempre in zona industriale. Luogo in cui le leggi non esistono, i bilici parcheggiano in mezzo alle rotonde. Nessuno mette le frecce, tanti vanno contromano.
Dove quando esci la sera, fuori dai nostri begli uffici, trovi le prostitute che fanno a pezzi i pallet ad un metro da te e si preparano a fare il fuoco per la fredda notte che le aspetta. Dove ogni luogo è un cassonetto. Dove Napoli ce l'abbiamo noi. Anche se qui la differenziata funziona, almeno per chi la vuole fare. Ma a due passi da industrie che producono fatturati da capogiro, come l'Italdesign solo per citare la più nota, dove crescono come funghi i centri commerciali, come il 45° Nord e a due passi sorgeranno nuovi capannoni con negozi e supermercati, lì di fianco c'è l'inciviltà. E questo ne è solo un piccolo esempio.